An electrical hum

È troppo tardi, non abbiamo speranza di sfuggire alla trappola, ormai. Una trappola subdola, sciacquata di vaghezza, doppiamente pericolosa. Ci siamo convinti di potere essere liberi di scegliere, ma cosa davvero possiamo scegliere? L’infinita teoria di indumenti, accessori, tecnologia, cibi, paramenti di vario genere, intrattenimenti ergonomici, umanitari e umanistici è alla mercé della nostra scelta: quindi, noi siamo liberi. Ma dove inizia, dove finisce questa libertà? Cosa rappresenta, come ci rappresenta questa potenziale scelta infinita? Chi ce la da questa libertà? Ce la prendiamo, per caso? Ci viene concessa? M.T. Anderson ha una idea complessa di questo parossismo culturale, e come nella migliore fantascienza, decide di immaginare una versione – paurosamente plausibile – delle estreme conseguenze del processo di massificazione dei consumi che allieta il nostro divenire storico. Feed (Fabbri Editore Contrasti, 2005; titolo originale Feed di M. T. Anderson, Candlewick 2004) è un romanzo di posizionamento problematico. Inteso come opera per ragazzi – o giovani adulti che dir si voglia – si lascia peró difficilmente limitare in questa categoria. Come molta letteratura fantastica o di fantascienza, è aperto ad uno spettro molto più ampio di lettori, giovani come adulti. Tramite gli occhi sornioni e vagamente disinteressati di un giovane americano medio, Anderson ci mostra la sua visione di un mondo futuro in cui la scienza è finalmente riuscita ad abbattere i limiti fisici ed energetici della tecnologia informatica; i feed – per l’appunto – sono computer abbastanza piccoli da poter essere installati direttamente nei cervelli umani. Questo computer cerebrale però, non è un’unità a se stante; è direttamente collegato alla rete. Ad una rete fagocitante e smaniosa che impera sulle coscienze, avendo come unico scopo quello di perfezionare le tecniche di data mining più adatte alla formazione – e si intenda il senso più lato del termine – di consumatori costantemente ed esponenzialmente consumanti, ordinati e semplificati in precise categorie.

Non è mia intenzione continuare a descrivere questa curiosissima ambientazione, adesso, altrimenti non avrebbe più senso leggerlo, il libro.

Vi basti riflettere su alcune cose, giusto per avere un’idea del tono complessivo di questo romanzo. In una società dove un mostruoso capitalismo ultra-liberista è unicamente indirizzato verso il progresso esponenziale dei consumi, una società dove si chatta col pensiero anziché parlare, dove si cerca sul feed invece che sui libri, che senso potrebbe mai avere imparare a leggere o a scrivere? Tutti sono delle piccole Wikipedia, tutti hanno accesso infinito a qualsiasi informazione; ma che utilità ha tutto ciò in un contesto entro il quale la Scuola™ è un marchio registrato dalla Corporation che la gestisce? Con un colossale richiamo al feticismo delle merci marxista, Anderson sembra volere dare un peso politico alla sua narrativa. Il distacco tra merce consumata e processo produttivo è assoluto, sublime, perfetto: la nuova società dei consumi è pronta ad auto replicarsi all’infinito, senza sosta e senza tema. Ma è davvero un sistema perfetto? Davvero nemmeno un errore, nemmeno un contraddittorio è presente in questa definitiva versione aggiornata del Sogno Americano? Seguendo i tentativi di coraggiosa e spesso inconsapevole devianza – quasi naturalmente determinata – dei nostri protagonisti, ci perdiamo in un sogno distopico di cui vogliamo sapere ad ogni costo la fine.

E quindi facciamolo leggere questo libro ai nostri giovani adulti; ai ragazzi come ai nonni futuri, nonni presenti, mamme, papà, fratelli, sorelle. Perché nonostante il destino atroce che paventa e quanto sia esso già inquietantemente radicato nella nostra realtà, non siamo ancora arrivati al punto in cui la letteratura, l’arte, sono così distanti dal nostro sentire da non potervi più fare presa. La passione è a questo punto una delle poche cose che ci può davvero salvare, che ci può fare notare, inaspettato, quel ronzio sommesso di cui parla Paul Simon; il ronzio di quando cambiamo opinione, quasi all’oscuro da noi stessi. Ad esempio mentre leggiamo un buon libro; o quando lo facciamo leggere.

Di Giorgio Grasso

3 thoughts on “An electrical hum

  1. Grazie.
    Per il suggerimento di lettura, inquietante e interessante.
    Per la risonanza emotiva, ed affettiva, profonda, che mi fa tornare ad un tempo già trascorso in cui la preoccupazione per un futuro troppo presente colorava delle stesse tinte la mia visione del mondo; ma senza questa lucida, rigorosa, coraggiosa capacità di esprimerla.
    Di come è andata a finire, dentro, non dirò “altrimenti non avrebbe più senso leggerlo, il libro”… ma sono fiducioso nel domani, perché la passione c’è!

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a Soffio di Nulla (@SoffiodiNulla) Cancella risposta